Variazioni sul realismo terminale del poeta Guido Oldani.
Prima
Parte
di Annelisa Addolorato
Non è vero niente che la poesia sia finita, al contrario una
totalmente altra sta incominciando. Ce n'è per un tempo, la cui lunghezza non
sappiamo nemmeno immaginare.
(Guido Oldani, Blog di Lietocolle)
Oldani Guido, Realismo terminale, Mursia 2010.
‘Nulla è più vivo
dell’alluminio’, leggo divertita in un cartello, mentre dondolo, insieme a lui,
su un tram, in una piccola metropoli in cui si parlano mille lingue e a volte
si suda insieme.
Pensandoci sì, oggi posso
capire questa frase, che qui ha un senso alla raccolta differenziata dei
rifiuti, ma che può perfettamente sintetizzare la teorizzazione del poeta
italiano Oldani (nato il 2 maggio 1947 a Melegnano) riguardante la similitudine
rovesciata, emblema linguistico e poetico che rispecchia l'attuale società
mondiale in cui, come colorati bubboni farciti di architetture e design alla
moda, ma anche di sofisticazioni tecnologiche a risparmio energetico o
colorazione e modificazione degli alimenti, le città si espandono innescando
mutazioni antropologiche che non si possono ignorare, tantomeno nel territorio
poetico, che da sempre definisce gli abitanti del pianeta dando loro la parola
attraverso la modalità primordiale e insieme estremamente innovativa
dell’intuizione, della sintesi e, tradizionalmente, anche di voci che vengano ascoltate dalla comunità.
La progressiva migrazione di
massa dei popoli del pianeta terra nelle grandi foreste di case e grattacieli,
parchi e grandi animali serpeggianti e veggenti quali i tram e i metrò, ovvero
il fenomeno delle ‘inurbazioni,’ la crescita delle megapoli, nel tessuto
metropolitano che si nutre di se stesso: tutto ciò ha creato e continua a
creare, e sviluppandosi a un ritmo e in una spirale vertiginosa di espansione,
un gorgo estremamente creativo, un gorgo fatto di prodotti, di cose materiali e (spesso dotate di loro 'doppi' o cloni)
immateriali, da toccare o virtuali, che stimola, pur nel mulinello che
multidimensionale, i sensi e la facoltà fatica e anche un po’ profetica propria
da sempre della poesia e di chi la fa, la dice, la scrive, la sogna e la vuole
condividere e mettere al mondo come un suggerimento ulteriore allo sviluppo
armonico di una civiltà capace di scoperte perpetue.
Octavio Paz nel Ventesimo
secolo teorizzava che i prodotti, e soprattutto quelli artigianali, plasmati
dalle mani umane, erano e sono carichi di significato socializzante per le
persone, d’altro canto gli oggetti industriali portano anche con sé l’afflato
anonimo e insieme, pur in altra forma, pregno di un senso di condivisione tra
masse di esseri umani senzienti. Ma in effetti l’esperienza che un Paz poteva
fare nel secolo scorso di questi mutamenti nella percezione e fruizione degli
oggetti, era davvero estremamente embrionale, paragonata a quella che oggi ci
può descrivere Oldani, che può parlarci da questo lato dell’oramai ‘quasi nuovo’
millennio.
Un mutamento antropologico,
come ogni cambiamento, può essere considerato come un regalo, oppure come una
iattura, ma questa seconda interpretazione diviene reale solo per chi rimane
abbarbicato a ceneri ormai esaurite di qualcosa che non è più con noi, neppure
nelle sue rinascite. E, come scrive Oldani, in questa seconda possibilità più
ottusa “diviene un vivere fasciato da un sarcofago di prodotti, e allora una
mummia”.
Direi che per chi scrive e
vive in poesia, questo mutamento che in maniera così limpida e lineare descrive
e presenta, non può che essere un dono, in quanto porta sfide nuove, linguaggi
nuovi e spinte verso neologismi e nuovi giochi verbali, ampliando a dismisura
il territorio ‘poetizzabile’ esistente. Proprio per questo motivo il presente
testo, che vuole essere una breve anticipazione, introduzione alla lettura e di
un più approfondito excursus e dispiegamento, apertura sul realismo terminale…
è stato intitolato “La farfalla vestita (di led)”, proprio per rendere chiaro
che chi scrive propende apertamente per la prima ipotesi che Oldani ci
prospetta, come percezione, vissuto della mutazione di cui parliamo, cioè
quella che fa e farà di noi l’essenza di “un vivere avvolto da un bozzolo di
oggetti, e dunque una farfalla”.
Il realismo terminale
teorizzato da Guido Oldani nel minimo e contemporaneamente ricchissimo,
esauriente ed acuto saggio omonimo non chiude nessuna porta, se non quella con
un passato che la luce degli occhi nega, ma al contrario spalanca l’orizzonte
su questo mondo tutto da ri-nominare, totalmente permeato di poesia, in ogni prodotto o 'cosa',
in ogni movimento tellurico e anche, appunto, originato dal movimento dei mezzi
di trasporto pubblici, siano essi dotati di ruote, di ali, di altre forme di
locomozione… reale o virtuale. Come immagine del poeta del realismo terminale,
che sceglie di essere farfalla vitale e sorridente vate che invita gli altri ad
esserlo, ho davanti agli occhi la fotografia un
Oldani in un piccolo velivolo, che sorvola sorridente luoghi simbolici della
storia recente dell’Italia. L’accettazione della mutazione, la curiosità del poeta
e della poesia nei confronti di tutto quel che ciò comporta: questa la
soluzione, la scelta, la sfida, a volto scoperto, a sorriso aperto e neuroni
pronti ad accogliere e plasmare e plasmarsi nelle varie declinazioni del
presente. La voce del poeta che accompagna il mare, il flusso di informazioni.
Il poeta, i poeti, che accompagnano per mano verso la luce il cambiamento.
L’accettazione del
cambiamento è una saggia strategia di adattamento e di sopravvivenza,
perfettamente coerente con la natura polimorfa e poliedrica della poesia, del
suo farsi e dirsi nel cosmo.
Il realismo terminale mette
in guardia sul rischio riguardante le proporzioni e le ‘similitudini rovesciate’ di
un mondo de-naturato.
Il misticismo curativo:
include l’idea che tutto fa parte del punto di vista che si sceglie di adottare:
costruttivo, anche di un linguaggio più attuale e proprio, vs un lasciarsi
andare a malinconie antiche e chiuse su se stesse.
Gli orpelli, i prodotti (artigianali o industriali), i
mobili, le immagini che scorrono su uno schermo svuotato, incavo, demolito dal
tempo che ci scorre vorticosamente tra l’iride e le parole in codice, sempre
pronte a svelarci nuove strategie di sopravvivenza, come le pubblicità, i
messaggi rapidi, scoscesi, nascosti nella rete tra le fibbie invisibili del
ritorno a casa.
Nel linguaggio comune sono entrate
espressioni che fino a tempi recenti erano incomprensibili:
Come è bella quella pianta,
quel fiore, sembra finto. O, anche: come è suggestivo quel paesaggio, sembra
una fotografia (tempo fa si diceva anche ‘sembra una cartolina’).
Questi sono alcuni degli
esempi più comuni, forse, in italiano, mutuati dal linguaggio colloquiale.
Di fatto Oldani affronta di
petto tutte queste questioni, con lucida precisione. Riconoscendo il valore storico, artistico, teorico delle avanguardie storiche, e anche affermando e mostrando, nella 'pratica' dei suoi versi, della sua poesia, in che misura le similitudini rovesciate si inseriscano, insedino con naturalezza nel panorama attuale, nell'esperienza quotidiana sia dello scrittore che del lettore di oggi.
Ci si para davanti un sistema perfetto,
che difficilmente si può scalfire, anzi che nulla - o quasi - può scalfire,
proprio come un dispositivo autoriparante - e in questo sì, la scrittura di
Oldani mostra la sua coerenza tra forma e contenuti.
Il legame con la velocità e con la
brevità si ripropongono, come analogie ma anche nel modo delle differenze di
approccio.
Oldani parla di collisioni
tra prodotti, come se fossero meteoriti, pianeti impazziti in corsa gli uni
contro gli altri, in rotte precise, ben definite e rifinite, e dirottamenti
perpetui, mentre si ravvisano piuttosto le connessioni tra i prodotti, la
attuale e progressiva costituzione di una rete di connessione tra i prodotti, anche
secondo la sua stessa descrizione e definizione del realismo terminale, volendo
valorizzarne gli aspetti propositivi e migliorativi in un tempo, un’epoca in
piena evoluzione verso un macrosistema planetario (e interplanetario).
La nuvola di prodotti da rt, come
quella virtuale, è simile alla cloud che raccoglie in uno spazio virtuale tutti i
nostri files e documenti, ordinandoli in modo a volte aleatorio a volte
ossessivamente ordinato cronologicamente.
Questa connessione tra
prodotti, versus la collisione tra essi, ne è anche la sorprendente strategia
di sopravvivenza.
Non l’arcadia, ma neanche il
realismo o l’iperrealismo: la poeticità oggi è diffusa e non più suffusa, è l’era
ad essere poetica, un’era che si è aperta, come un origami universale e multidimensionale e non c’è più
scampo per nessuno: i prodotti poetici sono ovunque.
E ammirando un tramonto oggi
comunemente sentiamo dire un po’ da tutti, iniziati e profani della fotografia
- cioè della scrittura sulla e con la luce: che “quel paesaggio è così bello
sembra una fotografia, cioè un insieme di pixel ben assemblati”.
Le ruote delle automobili
oggi macinano i chilometri, come decenni e ancora più indietro secoli fa le
ruote di pietra delle macine, fatte girare per esempio dai muli, come in Puglia
o in altre regioni d’Italia, macinavano il grano, facendone farina, come oggi
si macinano chilometri, divorando la strada, cioè percorrendo più velocemente
di prima grandi distanze in uno spazio-tempo sempre più ridotto. Il carburante
e la strada, il motore e le ruote macinano e macinano il tempo e lo spazio,
trasformandolo in etereo coacervo di attimi presenti, da cogliere, respirare e
poi gettare nel cestino del riciclaggio di minuti usati, a beneficio
dell’intera comunità cittadina e interplanetaria.
“Tu sei come un motore
diesel”, dicono di una donna per descriverne la pacata tenacia, la capacità -inizialmente lenta- di mettersi in moto, in un moto che diventa però poi perpetuo..: il
paragone con un prodotto meccanico risulta molto efficace e comprensibile
immediatamente dai più.
Il realismo terminale è in
sé il vivace embrione di un universo totalmente poetizzato, e prelude in modo
chiaro a un’era in cui assolutamente nulla e nessuno si può e potrà esimere dal
riconoscere e utilizzare gli strumenti poetici insisti nei prodotti che ci
circondano, che ci cambiano, che ci vestono e ci modificano in ogni molecola
d’esistenza condivisa.
Ecco dunque un invito all’immersione
nella realtà attuale, con tentacolari parole poetiche e pulsanti versi da
schiacciare sulla tastiera, incidere con la voce nella 'Cloud-nuvola/acchiappa idee, esperienze' per condividere, rendere multidimensionali nuove strade comuni.
-presto la seconda parte del testo riguardante rt, che inizierà con la risposta di Oldani a u quesito che gli abbiamo rivolto sul rt. -
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